Eugenio III (1145-1153)

 

STORIA DELLA CHIESA

I PONTEFICI

  

Bernardo dei Paganelli nacque in data sconosciuta, dalla famiglia nobile dei Paganelli di Montemagno (castello antichissimo a sette miglia circa da Pisa).

Fu eletto Papa mentre era abate del monastero di SS. Anastasio e Vincenzo, presso le Tre Fontane appena fuori Roma. Uomo molto pio e cresciuto nella solitaria e austera vita cistercense. Era amico e discepolo di Bernardo di Chiaravalle abate cistercense di Clairvux, il più illuminato ecclesiastico della Chiesa occidentale di quel tempo. La scelta dei cardinali comunque, non ebbe l'approvazione di Bernardo, che fece le sue rimostranze contro l'elezione, sulla base dell'«innocenza e semplicità» di Eugenio, ritenute non adatte nella gravissima circostanza dell'insurrezione dei cittadini romani contro il papato e l'instaurazione di una repubblica antipapalina.

In piena rivoluzione comunale, alla tragica morte di Papa Lucio II, il conclave si era riunito nello stesso giorno, nella chiesa di San Cesario al Palatino. Appena eletto i senatori romani gli chiesero esplicitamente di riconoscere l'autorità del Comune e di rinunciare ai suoi poteri temporali. Eugenio si rifiutò ed i rivoltosi bloccarono l'accesso alla basilica di S. Pietro nel tentativo di bloccare la consacrazione del nuovo papa. Egli allora lasciò Roma, e si portò nel monastero di Farfa, a circa 40 km dalla città eterna, dove venne consacrato il 18 febbraio. Quindi scelse Viterbo come sede residenziale. Roma in mano ai facinorosi vide devastate le abitazioni di prelati e cardinali, ed assaltati i pellegrini

 

Durante l'assenza del pontefice si operò in Roma un pro­fondo cambia­mento per la venuta e la violenta predicazione del canonico ago­stiniano Arnaldo da Brescia che forse era stato disce­polo a Parigi del filosofo dialettico Abelardo.

                Severo asceta, aveva partecipato alle lotte contro i preti concubini e simoniaci; ma era finito per mettersi anche contro il vescovo, che lo condannò per la sua dot­trina negatrice di ogni proprietà ecclesiastica.

                Condannato nel II concilio latera­nense (1139), condusse vita errabonda in Francia, dove prese parte al concilio di Sens del 1140, a fianco di Abelardo. S. Bernardo combatté l'uno e l'altro. L'incontro tra Abelardo e Arnaldo fu fonda­mentale per quest'ultimo, perché la riflessione del teologo fornì il quadro teorico e sistematico in cui le intuizioni reli­giose del canonico trovarono conferma e spes­sore. Espulso dalla Francia, grazie alla benevolenza di Eugenio III, il ca­nonico bresciano tornò in Italia ed entrò a Roma come penitente, finché, nel 1147, quando Eugenio III era in Francia a pre­dicare la seconda e di­sgraziata crociata, intrapresa -come si ricorderà- dai re di Francia e di Germania nel 1147-48,  si mise alla testa del mo­vimento democratico di Roma.

                Arnaldo e i suoi seguaci, detti Lombardi, riproposero i temi della più radi­cale predicazione pata­rinico-evangelica, additando, come causa della crisi, la po­tenza della Chiesa  e del clero che così avevano vanifi­cato la 'buona novel­la' di Cristo. Condizione  del cambiamento era la ri­nuncia ai beni terreni e al potere temporale, per una povertà istituzio­nale, per una missione soltanto spirituale della Chiesa. Queste idee fu­rono favo­revolmente accolte in una Roma attraversata da accese ten­sioni anticuriali e antipapali.

                Eugenio III, tornato in Italia nel 1148, proibì al clero romano ogni rapporto con Arnaldo; quindi, grazie alla mediazione di Ruggero re di Sicilia, fece pace con i Romani i quali rico­nobbero il papa 'pater et dominus' e gli giurarono fe­deltà, promettendo di restituirgli i regalia (1149).

                Fu un compro­messo e insieme il reci­proco riconoscimento dei due poteri in Roma. E tuttavia per restaurare definiti­vamente l'autorità del papa a Roma occorreva un intervento esterno. Eugenio III lo chiese a Corrado III. Le trattative, interrotte alla morte di Corrado (1152), fu­rono riprese dal suo successore, Federico I Barbarossa che, con il concordato sanzionato nella dieta di Costanza (1153), promise di ri­durre Roma al riconosci­mento dell'autorità papale e di garantire tale autorità con­tro la minaccia nor­manna. In cambio chiese la co­rona imperiale e l'aiuto della Santa Sede contro i nemici dell'im­pero, sino alla scomunica contro i disobbe­dienti.

Eugenio III, mortò a Tivoli l'8 luglio 1153, non pote' vedere l'ese­cuzione del trattato. Pochi giorni dopo moriva a Clairvaux an­che s. Bernardo.